Questa è una storia molto difficile e probabilmente impossibile da comprendere: per questo vi prego di leggerla immaginando che questo non è un altro mondo, che questi non sono altri figli, ma sono solo altri destini. Empatia, ci vuole empatia per comprenderla. E a noi tre viaggi per accettarla.
Questa è una di quelle soglie di casa che ci è pesato molto tornare a varcare, questi sono quei passi che t’incollano sotto le scarpe macigni di cemento pesantissimo da trascinare avanti. Eppure anche questa volta ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti: “Siamo qui per questo, andiamo avanti!”.
Lui è YUSSEF.
YUSSEF è un meraviglioso bambino profugo siriano di 9 anni. YUSSEF è un bambino disabile grave. La storia di YUSSEF sembra ricalcare un cliché tristemente famigliare ormai alle nostre orecchie. YUSSEF e i suoi quattro fratelli vivevano ad Aleppo fino quattro anni fa in una casa normale, con una famiglia normale, con una vita normale – certo per quanto possibile fosse già allora “vivere una vita normale” vista la sua disabilità.
Quattro anni fa, quando la sua casa è stata distrutta da un barile bomba, tutta la sua famiglia è fuggita da Aleppo trovando infine rifugio al campo profughi di Bab al Salam. Lì sono rimasti per un anno e poi sono riusciti ad attraversare il confine della Siria per giungere fino in Turchia qui a Kilis.
Quella che potrebbe essere definita la salvezza, un grosso sospiro di liberazione dopo una lunga corsa per sfuggire al buio, è diventata in realtà un nuovo incubo.
L’appartamento dove vive questa famiglia si trova al secondo piano di una palazzina che sta letteralmente cadendo a pezzi. YUSSEF vive da due anni rinchiuso in quell’appartamento con i due fratelli più piccoli, Amina di sette anni, e Abudi di due, in un appartamento decadente, sporco, maleodorante e privo di qualunque mobile, a parte un divano rosso Ferrari sul quale ama nascondersi fino a che non si sente al sicuro.
Anche i bambini appaiono in un chiaro stato di trascuratezza e abbandono.
La madre ci confida che tiene i bambini rinchiusi in casa perché altrimenti YUSSEF scapperebbe e molto probabilmente lo perderebbe per sempre. La donna ci racconta come la sua vita e quella della sua famiglia sia dura, ci confida d’essersi ammalata di pressione alta e diabete recentemente.
Ci appare come un essere umano che ha perso la speranza.
Devo essere sincera: è stato difficile trovare quei bambini in quello stato e sforzarsi di comprendere la donna e la disperazione che l’ha portata a faticare di prendersi cura di questi bambini.
Eppure YUSSEF quando lei si siede su quel divano rosso Ferrari le si avvicina e poggia la sua testa sulle sue gambe, lei fa un gesto liberatorio guardando il cielo e stringe forte le mani del bimbo.
Chi siamo noi per giudicare questo cammino con pesanti macigni incollati sotto le scarpe? Non siamo qui per giudicare, ma per aiutare se possibile. E quindi abbiamo deciso di offrire una possibilità a questa donna di migliorare le condizioni della sua famiglia grazie a un sostegno mensile che le permetterà di trasferirsi in una casa più dignitosa e magari con un piccolo giardino dove il piccolo YUSSEF potrà finalmente vedere la luce del sole e farsi scaldare il volto dai suoi raggi. YUSSEF è un bambino profugo disabile.